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Riflessioni di Tom March sul Webquest

Tom March, in WebQuests for learning (Nota 1), valutando quanto profonda e diffusa sia la penetrazione dei nuovi strumenti tecnologici, ma soprattutto di internet, nella nostra società - tanto che la lingua che usiamo tutti i giorni ne risulta influenzata - ricava la necessità della scuola di misurarsi con le conseguenze della rivoluzione telematica, progettando e realizzando attività didattiche centrate sul web. Prende in esame il webquest mostrando come sia una metodologia particolarmente idonea a creare l'auspicata continuità tra ciberspazio ed aula scolastica. 

Rifacendosi alla storia del web, constata come il senso profondo della rete internet, anche prima che nascesse l'interfaccia grafica degli odierni browser, fosse quello della condivisione delle informazioni (Nota 2). 

Ai tempi di ARPANET, ricercatori legati al mondo della difesa americana, scambiarono informazioni telematicamente, creando quella condivisione delle idee e del lavoro che segnerà indelebilmente il successivo mondo di internet. Quando infatti ARPANET sarà liberalizzata, la filosofia che la orientava, verrà sussunta dal mondo universitaria e quindi, con il www, dalla quasi totalità dell'universo virtuale. Persino le grandi aziende commerciali, che investono milioni di dollari in pubblicità sui giornali e in televisione, quando pensano al web, sanno bene di dover applicare una logica diversa: sui loro web-sites offrono dei servizi: informazioni, divertimento. La regola della comunicazione in internet è chiara: il ciberspazio vive di scambi, di un arricchimento complessivo prodotto dal contributo di ognuno. 

Il Web presuppone l'accessibilità diffusa, ma ciò comporta anche inevitabilmente qualche problema. Chi pensa ad internet secondo la metafora dell'enciclopedia sicuramente è destinato a rimanere deluso. Infatti proprio perché i filtri che validano le informazioni e le organizzano sono estremamente blandi nel web, questo si configura più come uno spazio caotico e amorfo che come una enciclopedia, che di caratteristico ha l'essere strutturata e controllata nei suoi contenuti. Il web è scritto da tutti, un'enciclopedia invece è scritta solo da professionisti: questa è una differenza non da poco, della quale si deve tener conto in sede di utilizzo del web a scuola. Aprendo internet è come aprire una finestra dalla quale entra il mondo, con la sua caotica, problematica varietà, nelle nostre aule.  E' pertanto necessario avere degli strumenti di decifrazione della realtà, affinché essa sia efficacemente letta e venga interiorizzata, costituendo piuttosto che un fattore di dispersione dell'io, un fattore di sua formazione. Il web è uno spazio in cui, se ci si sa muovere, è possibile trovare risposta a gran parte delle nostre domande. Se ci si sa muovere: per insegnare a dragare il ciberspazio la scuola deve preoccuparsi di sviluppare capacità cognitive fini, di sollecitare l'intelligenza e insegnare come diventare navigatori senza lasciarsi risucchiare dai gorghi, dalle onde, dalle mille sirene che lo popolano.

Il webquest - dice March - insegna agli allievi ad assumere molti positivi atteggiamenti: pensiero critico, apprendimento cooperativo, valutazione autentica ed integrazione della tecnologia. Può essere pienamente incluso nelle ordinarie attività scolastiche e diventare un metodo capace di modificare in senso socio-costruttivista le complessive attività di insegnamento.

Il suo principale fattore di successo consiste nel saper agire efficacemente sulla motivazione, invitando gli allievi a misurarsi con problemi simil-reali, essi debbono trovare delle risposte a problemi assai prossimi a quelli con cui le persone normalmente si misurano pervenendo a dei risultati capaci di interagire con la realtà e non di avere una pura esistenza nelle aule scolastiche.

Attraverso il web ci si misura con la realtà, le mura delle aule si aprono e gli studenti attingono a fonti che sono disponibili alla universale fruizione: non hanno a che fare con risorse, come i libri di testo, pensate unicamente per loro, possono interpellare esperti, interloquire a vario titolo con istituzioni, acquisendo delle abilità che serviranno loro durante tutto l'intero arco della loro esistenza. Agendo in gruppo, acquisiscono delle abilità di tipo relazionale, imparano come funzionano le situazioni sociali, riescono a percepirsi come membri di un team, i cui successi dipendono dall'impegno di ognuno. Una volta che pervengano a dei risultati, pubblicandoli nel web, si espongono alla valutazione dei cibernauti, i quali possono dialogare con essi, dando un riscontro reale a quello che essi hanno fatto.

Il webquest costringe gli allievi non solo a reperire le informazioni, ma - questo è un fatto fondamentale - ad elaborarle, ad usarle per pervenire alla soluzione del compito assegnato. Le informazioni sono dei puntelli utili a costruire ipotesi, a funzionare da mattoni per la costruzione d'una architettura conoscitiva, la cui responsabilità risiede negli alunni. Con il webquest gli allievi stutturano un loro armamentario concettuale che, essendo avvenuto attraverso il meccanismo della scoperta, si presenta solido e suscettibile di essere dinamicamente riadeguato man mano che, nel proseguio della vita, incontreranno elementi conoscitivi suscettibili di integrarsi ad esso.

Prima che nascesse il ciberspazio, organizzare delle attività assimilabili a quelle concepite dal webquest per un insegnante normalmente era difficile, data la scarsa disponibilità di risorse e la non grandissima varietà delle stesse. Oggi è sufficiente un clic per rinvenire una ricchezza sorprendente ed estremamente varia di opportunità. Questa facilità inevitabilmente modifica la didattica, rendendo più economico che in passato il ricorso a tecniche differenti da quelle scontate della tradizionale "lezione".

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- (1) L'articolo di March su Webquest e la didattica è consultabile all'indirizzo:
http://www.ozline.com/

- (2) Prima che internet, a metà degli anni '90 del secolo scorso, diventasse un fenomeno di massa, per circa venticinque anni rimase confinata nei laboratori militari ed universitari. Ma, contrariamente a quanto comunemente si pensa, a determinare lo sviluppo della rete, nei suoi vari passaggi fu più che la molla dell'acquisire un vantaggio competitivo di tipo militare nella guerra fredda con l'URSS, l'esigenza di far dialogare delle macchine a distanza allo scopo di rendere più agevole la circolazione delle informazioni fra i ricercatori. Traccia di ciò vi è nel dibattito scientifico dell'epoca, ricostruito, per chi voglia ripercorrerlo, nel libro di Franco Carlini, Internet, Pinocchio e il Gendarme, ManifestoLibri, Roma, 2000 (seconda edizione), di cui è disponibile un estratto on line all'indirizzo: http://www.totem.to/fac/arpanet.htm. Risulta chiarissimo che internet, sin dai suoi primi passi, quando ancora si chiamava ARPANET, non era in alcun modo riducibile alla tecnica della "commutazione a pacchetto" che rendeva (e rende) possibile l'interazione fra macchine, consistendo, piuttosto, in un "medium" del tutto nuovo, capace di mettere in relazione delle persone grazie all'ausilio dei computer.

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